Dichiarato inammissibile il ricorso in merito alla contestata titolarità del simbolo dello scudo crociato con la scritta Libertas. Pizza verso le dimissioni ?
Rigettando sia la domanda proposta dalla DC che quelle proposte dal Cdu, Udc e Ppi, la Cassazione ha finalmente permesso il passaggio in giudicato (e cioè non più appellabile) della pronuncia emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 23 Marzo 2009 che in buona sostanza ha impedito l’uso esclusivo del simbolo a tutti i contendenti. Pizza dovrà prenderne atto in relazione alle sue reiterate dichiarazioni di pronte dimissioni in caso di rigetto del ricorso in Cassazione.
Era nell’aria. Ma adesso è arrivata la conferma. Ci pensa La Repubblica del 31 dicembre 2010 a diffondere i dettagli, titolando come usano gli avvoltoi: “La Cassazione ha vietato l’uso del Simbolo (Lo Scudo Crociato) e del nome (La Dc) al Partito della Democrazia Cristiana rappresentato da Giuseppe Pizza.”.
La notizia però è tutto tranne che una notizia. Non solo perché inesatta. Ma anche e soprattutto perché la sentenza della Corte di Cassazione, proprio perchè rigetta le domande di tutti i contendenti, non viene a mutare il quadro nel quale si sono svolte le relazioni tra questi, dal marzo 2009 ad oggi, in conseguenza della sentenza della Corte di appello di Roma n. 1359/09.
Vale la pena ricordare il passaggio chiave della decisione della Corte di appello, a pag. 31: “omissis… dalla conclusione ora adottata non discende, in via automatica, la legittimazione all’utilizzo del nome e del simbolo da parte del soggetto giuridico attualmente in giudizio come partito politico della Democrazia Cristiana facente capo a Giuseppe Pizza. Né, per le ragioni che saranno esposte poco oltre, per la legittimazione all’utilizzazione del simbolo da parte del Cdu.” Con particolare riferimento all’azione proposta dall’UDC, la richiamata sentenza è ancora più chiara, a pag. 37:- “omissis…non potendo ritenersi che in forza degli accordi del 24 giugno 1995, e del 14 luglio 1995, sia legittimamente derivata al Cdu l’utilizzazione del simbolo dello Scudo Crociato con la scritta Libertas per le ragioni esposte ai punti che precedono non può accogliersi la domanda dell’Udc che ha richiesto la condanna al risarcimento dei danni della controparte per illegittimo uso del proprio simbolo che afferma di aver adottato perché destinato a rappresentare una formazione politica nascente dall’accordo di tre associazioni e in cui lo Scudo Crociato è stato riportato in forza della partecipazione del Cdu agli accordi del 24 giugno 1995 e del 14 luglio 1995.”
La notizia invero sta nel passaggio in giudicato della dichiarazione della Corte di appello circa la inesistenza di alcuna continuità tra la D.C. di Pizza e quella abbandonata da Martinazzoli, Bianco e gli altri. Dichiarazione che ha conseguenze giuridiche ben precise. E’ opportuno in proposito ricordare quanto si legge a pag. 33, cioè che “Peraltro lo stesso Partito politico della Democrazia Cristiana di Pizza ha…prospettato, in realtà, una continuità ideale certamente non coincidente con una continuità associativa giuridicamente rilevante….deve quindi dedursi l’insussistenza di una dimostrata continuità tra la «storica» Democrazia Cristiana, attiva con questa denominazione e con il noto simbolo dello scudo crociato con la scritta «Libertas» fino alla decisione di mutamento della denominazione del 18.01.1994 (non adottata secondo le previsioni statutarie), e il Partito della Democrazia Cristiana di Giuseppe Pizza. Conseguentemente non può ritenersi che l’uso del nome «Democrazia cristiana» e del simbolo con lo scudo crociato derivino da un’affermata continuità che, invece, sulla base degli esposti elementi, non risulta accertata”. La conseguenza sul piano giuridico è abbastanza chiara: se il Partito di Pizza non è la D.C. di Martinazzoli, oggi non può considerarsi nemmeno un Partito, perché non è nemmeno costituito come tale, avendo fatto fin oggi affidamento sull’atto costitutivo di un altro Partito. Conseguenza ampiamente anticipata sul piano organizzativo e politico dalla disastrosa gestione Pizza, che adesso attendiamo alla prova delle dimissioni, mentre un’altra D.C. prende sicura forma giuridica e politica con la regionalizzazione in corso.